IL PARCO NATURALE

Orsiera - Rocciavré

Il Parco Naturale Regionale Orsiera – Rocciavrè è stato istituito il 30 maggio 1980. Compreso in un’area che va dai 900 ai quasi 3000 metri del Monte Orsiera, si estende per una superficie di circa 11.000 ettari tra le Valli di Susa, Chisone e Sangone. Le cime più importanti sono il Monte Orsiera 2890 m, il Monte Rocciavrè 2778 m, la Punta Rocca Nera 2852 m. Percorrendo i numerosi sentieri e mulattiere che attraversano l’intero territorio del Parco, si passa attraverso fitti boschi di latifoglie, poi ombrose conifere per arrivare ai pascoli alpini, dove non è difficile vedere numerosi animali selvatici: dalla volpe allo scoiattolo, dal camoscio alla marmotta, dallo stambecco all’aquila reale.

Il territorio del Parco è attraversato anche da importanti traversate escursionistiche: il Sentiero dei Franchi (SF), la Grande Traversata delle Alpi (GTA), Quota 1000 in Val Sangone.

FLORA

Il comune di Mattie è caratterizzato da una notevole varietà di specie vegetali in floraconseguenza al grande sviluppo altimetrico e alla diversa esposizione ai raggi solari dei suoi versanti. Nelle zone circondanti i centri abitati sono presenti fitti boschi di latifoglie: castagno, frassino, rovere con presenza di ciliegio selvatico e qualche conifera. La coltivazione del castagno da frutto per la produzione del rinomato e apprezzato marrone, ancora oggi praticata, un tempo era assai più diffusa. Così come sugli assolati versanti del Cret di Coou, la complessa collina che separa Mattie dal fondovalle, era estesamente praticata la coltivazione della vite, di alcuni ortaggi e del frumento. Di questa attività oggi restano solo i segni lasciati nel territorio: una formidabile opera di floraterrazzamento con muri in pietra a secco (le echafes) per sfruttarne ogni metro quadrato. L’eccezionale esposizione ai raggi solari, unita all’effetto di irraggiamento notturno da parte delle rocce e dei muri in pietra, permettono ancora oggi, scomparsa ormai qualunque tipo di coltivazione, la crescita spontanea di specie vegetali tipiche dei climi caldi e asciutti, come rosmarino, mandorlo, etc. (ne consigliamo la visita attraverso la mulattiera recentemente ripristinata).

E’ degno di nota anche l’ambiente umido (le sagnes) presente fra la frazione Giordani e Bruni ospitante numerose specie vegetali e animali.

Alzandosi di quota si entra nel territorio del Parco Naturale Orsiera-Rocciavrè passando attraverso boschi di latifoglie composti in prevalenza da aceri, tigli, faggi, frassini. In passato questa fascia era diffusamente coltivata, mentre oggi è invasa dalla boscaglia. Più in alto, sui versanti freschi e ombrosi, prevale il bosco di conifere costituito soprattutto da larici e abete bianco.
A partire dai 2000 m esemplari solitari e contorti di larice lasciano il posto ai pascoli alpini, ad arbusti di ontano verde, rododendro, mirtillo. I pascoli alpini sono il teatro delle spettacolari fioriture estive, in particolare tra giugno e luglio.

FAUNA

Il territorio di Mattie grazie al notevole sviluppo altimetrico (da 500 a 2890 m s.l.m.) e alla presenza faunadel Parco Naturale Orsiera-Rocciavrè ospita numerosissime specie animali. Già nelle vicinanze delle borgate è facile scorgere, soprattutto nel periodo invernale, caprioli, cervi, cinghiali, volpi, faine, scoiattoli, poiane. Sono anche presenti tassi, qualche martora, etc. e numerose specie di uccelli. Salendo di quota si entra nel territorio del Parco: negli estesi boschi di conifere sono presenti faine, tassi, volpi, scoiattoli, ghiandaie, cince, rampichini. I pascoli di alta quota, le pietraie, gli arbusti contorti ospitano una piccola fauna rara e preziosa: oltre alla marmotta, simbolo del Parco, si può trovare l’ermellino, la pernice bianca, la lepre variabile, il gallo forcello, la coturnice, il picchio muraiolo, il fringuello alpino.

Tra gli ungulati presenti, il camoscio è quello faunaosservabile con più facilità negli spazi aperti di alta quota. I caprioli e i cervi preferiscono le zone boscose dalle quali escono soltanto alle prime luci dell’alba o all’imbrunire. Oltre al cinghiale, di abitudini decisamente notturne, frequenta il territorio del parco una colonia di mufloni e alcuni stambecchi da poco reintrodotti.
Di recente sono stati avvistati alcuni esemplari di lupo, giunti spontaneamente in Valle di Susa dall’Appennino.

Le specie di uccelli presenti sono oltre 100, tra cui alcuni grandi rapaci come astore, poiana, falco pecchiaiolo, biancone, aquila reale, gipeto.
Passa quasi sempre inosservata la piccola fauna che d’estate anima i boschi e praterie: ramarri, serpenti, orbettini, salamandre, rane e un esercito di piccoli, variopinti, ronzanti insetti.

GEOLOGIA

La terra su cui camminiamo, la forma delle montagne e delle valli ci raccontano una storia millenaria, molto più lunga di qualsiasi testimonianza umana, fatta di piccoli cambiamenti e di grandi contrasti tra clima, vegetazione, ambiente.
Questa storia non ha un vero inizio, a meno di non risalire fino alle ere precedenti la formazione delle Alpi, oltre 200 milioni di anni fa, ne una fine: quello che vediamo oggi non è che la sovrapposizione di tutte le tappe precedenti.
Il motore dell’evoluzione del paesaggio è governato in effetti da una forza straordinaria ma invisibile: il tempo; da un lato i piccoli cambiamenti, quasi impercettibili, si sommano un anno dopo l’altro fino ad essere ben evidenti; dall’altro grandi stravolgimenti come le frane, le alluvioni portano visibili trasformazioni ma ad intervalli di molti anni: l’effetto è confrontabile.
Ovunque è possibile riconoscere tracce dell’evoluzione del paesaggio (vi è una disciplina scientifica della geologia che si occupa proprio di questo, la geomorfologia), anche a Mattie.

Ad esempio le rocce levigate e “montonate” del Cret di Coou ci parlano della grande espansione dei ghiacciai durante l’ultima glaciazione (tra 80.000 e 14.000 anni fa circa), quando tutta la Valle di Susa, fino a Caselette, era sepolta sotto centinaia di metri di ghiaccio. Dai valloni laterali si allungavano lingue glaciali, ad esempio lungo il corso del rio Gerardo, le quali lasciarono inconfondibili tracce: le dorsali omologhe della Comba e di Pian Cervetto non sono che morene laterali del ghiacciaio durante una sua fase di ritiro.
Con lo scioglimento di questi ghiacciai (14.000 – 10.000 anni fa) vengono trasportate verso valle grandi quantità di materiale a formare alcuni conoidi di deiezione, come quello su cui sorgono i Giordani.
In seguito, con la sparizione del grande ghiacciaio valsusino e il contemporaneo abbassamento del fondovalle i corsi d’acqua laterali (come il rio Gerardo) incassano il loro corso nelle rocce ed incidono alcuni conoidi edificati in precedenza (il caso dei Giordani); la zona interessata da deposizione si sposta più in basso e si forma il grande conoide di Prapuntin.
La forma del paesaggio deriva quindi dalla contrapposizione di due forze: quelle endogene che portano ad un lento e continuo sollevamento di tutta la catena alpina (qualche millimetro all’anno) e quelle esogene che demoliscono di pari passo i rilievi determinando un trasferimento di materiali dalle montagne, ai fondovalle, alle pianure ed infine al mare.
È probabile che attualmente queste due forze si compensino, cosicché le nostre montagne né crescono né calano; ma neanche rimangono sempre uguali a se stesse: i cambiamenti anche importanti avvengono ma su intervalli di tempo lunghissimi, difficilmente valutabili dall’uomo.